Gita
Dalla terra sale il fumo,
Sorveglia la piccola capanna del pescatore,
Poiché il sole tramonterà.
Prima che tu abbia percorso dieci miglia.
L’acqua scura, con mille occhi,
Batte le ciglia di bianca spuma,
Per vederti, grossa e lunga,
Per 30 giorni.
Anche quando la nave beccheggia rigida,
E fa un passo insicuro,
Rimane calma sul ponte.
Sui tavoli mangiano adesso
Il pesce affumicato;
Poi gli uomini si inginocchieranno
E ripareranno le reti,
Ma di notte dormiranno,
Una o due ore,
E le loro mani saranno morbide,
Prive di sale e olio,
Morbide come il pane dei sogni,
Dal quale si rompono.
La prima onda della notte si infrange sulla riva,
La seconda già ti raggiunge.
Ma quando nitidamente guardi dall’altra parte,
Puoi vedere ancora l’albero,
Che caparbio alza il braccio
Il vento gliene ha già staccato uno
E tu pensi: per quanto ancora,
Per quanto ancora
Il legno curvo dovrà resistere alle condizioni atmosferiche?
La terra non è più in vista.
Avresti dovuto aggrapparti con una mano nel banco di sabbia
Oppure agganciarti con un ricciolo alle scogliere.
Soffiando nelle conchiglie, scivolano i mostri del mare
Sui dorsi delle onde, cavalcano e frantumano
I giorni con sciabole lucide, una traccia rossa
Rimane nell’acqua, lì ti adagia il sonno,
Sul resto delle ore,
E i sensi ti svaniscono.
Li è accaduto qualcosa con i cordami,
Qualcuno ti chiama, e sei felice,
Di servire a qualcuno. Il meglio
È il lavoro sulle navi,
Che vanno fino in lontananza,
L’annodare cime, l’attingere acqua,
stagnare fiancate e sorvegliare il carico.
Il meglio è, essere stanchi e di sera
Crollare. Il meglio è, alla mattina,
Con la prima luce, diventare chiaro,
Restare contro il cielo immutabile,
Non badare all’acqua impraticabile
E alzare la nave sulle onde,
Sulla sponda del sole eterna.